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LE ABILITA' DIFFERENTI FANNO KARATE
Fotografie ed Articoli di Giornale
La testimonianza di Marietta
Incoraggio tutti ad andare avanti!
Ho accolto volentieri l’invito di Giorgio e Silvia ed oggi, con il cuore traboccante di gioia, sono qui con voi! Giunga a ciascuno il mio abbraccio più caldo e fraterno.
Mi presento, mi chiamo Marietta, ho cinquantasei anni, ne avevo quattro quando sono stata colpita dalla poliomielite. La mia vita è trascorsa passando da un ospedale ad un altro, costellata da sofferenze fisiche di ogni genere, da rinunce, amarezze, delusioni…non basterebbe un giorno per raccontarvi quanto è stata dura la mia esistenza. Avevo undici anni quando ho smesso di camminare, da 45anni la carrozzina è la mia compagna di vita, così sarà per il futuro. Per stare sulla carrozzina devo indossare un busto rigido che mi sostiene. Con il tempo il corpo si è immobilizzato ed indebolito fino ad una condizione di totale indipendenza dagli altri.
Nel mese di maggio del 1999 mi sono trovata a tu per tu con la morte, il 30 maggio di quell’anno ho subito un delicato intervento per l’esportazione di un meningioma al cervelletto ma, a soli due mesi dall’operazione, la Vergine Maria mi ha permesso di partire per Lourdes ed esprimere nella preghiera tutta la mia gratitudine. Quello non fu il mio primo pellegrinaggio che invece avvenne qualche anno prima, il 16 luglio 1992, data fondamentale per la mia vita. Il quel giorno il Signore mi ha aperto orizzonti nuovi, in quell’istante eterno l’ho accolto e Lui ha sconvolto per sempre i miei piani iniziando dall’incontro con l’Unitalsi lucana.
Le mie origini infatti sono lucane e l’Unitasi è diventata con il tempo un’unica grande famiglia che si stende dal nord al sud, senza differenze geografiche. Vivo da quattro anni a Carpi, in provincia di Modena, dove ho trovato la serenità tra le pareti domestiche della mia amatissima sorella e della sua famiglia che è anche la mia perché mi ha accolta con amore e quotidianamente mi assiste. Sin dai primi giorni di permanenza in terra emiliana, non mi è mancato il sostegno dell ?Unitalsi, nella persona del presidente Paolo Carnevali e di tutta la sottosezione di Carpi, fino alla sezione regionale emiliana. L’affetto che mi circonda mi fa sentire a casa… è come se abitassi qui da sempre.
Quando mi hanno parlato per la prima volta nel 1992 del pellegrinaggio a Lourdes e di questa associazione che trasporta sin dagli inizi del ‘900 ammalati e pellegrini nei vari santuari nazionali ed internazionali, non ho esitato ad accogliere l ?invito e subito ho deciso di partire! I miei amici e miei familiari avevano provato a convincermi del contrario ma ero ormai decisa ad affrontare il viaggio, nonostante le mie condizioni. "Andrò!" mi ripetevo e lo ripetevo anche agli altri.
Cosa mi aspettavo da Lourdes? Ero forse spinta dalla speranza di poter essere guarita? No, non pensavo a questo, ricordo che il mio era l’atteggiamento di una pellegrina che semplicemente si affidava. I volontari mi accolsero amorevolmente durante tutto il viaggio e, arrivata a Lourdes, una dama mi portò davanti alla grotta di Massabielle. Davanti alla Mamma Celeste, nell’alzare lo sguardo, il mio cuore ha iniziato finalmente a battere e a pregare. Ricordo ancora le parole del mio cuore: "Ti ringrazio per la vita che mi hai donato e ti chiedo sostegno per chi sopporta sofferenze più grandi delle mie. Sii porto sicuro per coloro che hanno perso la speranza e non apprezzano il valore della vita . Anche per questo Ti offro la mia malattia e sono pronta ad accogliere tutte le prove che ancora mi aspettano, ma ti prego, non lasciare mai che soffra la solitudine.".
Cari amici in difficoltà, dopo quel primo indimenticabile pellegrinaggio a Lourdes, non mi sono mancati dispiaceri e sofferenze. Oltre alle sofferenze fisiche, mi riferisco a quelle del cuore che nascono dell’indifferenza di una politica poco attenta ai diritti dei disabili gravi, i quali sono costretti ad elemosinare sia aiuti materiali che morali, non da ultimo il diritto ad un’assistenza sanitaria continua, oltre che all’offerta di una serie di servizi orientati a garantire la dignità umana e i diritti di libertà, di autonomia e salute del disabile. Tante volte ho lottato, con tutte le mie forze, per ottenere i diritti negati e per dare voce a chi convive con la malattia, in una società dove tutto deve essere nuovo, conformista e efficiente, dove tutti cercano la garanzia che qualsiasi prodotto sia super ed estremamente performante e dove qualsiasi difetto diventa motivo di scarto e di inutilità.
Tante sono state le delusioni ma non ho mai smesso di lodare il Signore per il dono della vita, della mia famiglia e dei miei amici unitalsiani. Ogni giorno di più la sofferenza mi sta conducendo ad una consapevolezza che può essere sostenuta solo e soltanto da una fervida fede. Tutti i giorni mi chiedo qual è la sofferenza più grande e, da qualche anno a questa parte, continuo a darmi una sola risposta: l’unica infermità per l’uomo è quella di sentirsi soli ed essere abbandonati da Dio!
Perché vi racconto questa storia? Non voglio che pensiate che sia stata fortunata ad approdare a questa consapevolezza e che non viva mai momenti di cedimento e sconforto, siamo esseri umani! E’ un percorso quello che ci porta alla felicità che dura una vita intera. Quello che fa la differenza in questo percorso è ciò che dipende da noi: è l’atteggiamento, la volontà, lo slancio! Siamo liberi di scegliere!
Sulla mia pelle vi invito a scegliere per la vita! In pratica, il mio suggerimento è quello di non temere di uscire fuori dalle quattro mura domestiche, di non farvi bloccare dalla paura che paralizza, nel senso più profondo del termine. Provate a partire per un viaggio, andate al mare, state in mezzo alla gente per condividerne gioie e dolori. Tutti abbiamo qualcosa da insegnare e da imparare dal fratello e per questo non è necessario poter correre o stringere la mano. Basta sintonizzare le antenne del cuore… per guardare l’altro con il cuore! Sicuramente sarei felice se potessi muovermi con le mie gambe, ma questo non mi è consentito, l'opzione è rapida da rilevare. Sono dell'idea che nella vita si possa fare tutto, pur essendo disabili, tutto pur volendolo. Volere è potere...un gradino si può abbattere, quello che oggi è difficile da abbattere sono le barriere mentali, e purtroppo è questo che ci limita a condurre una vita pressoché normale.
Mi permetto di dire questo perché con la mia carrozzina ne ho percorsi di km!!!Volete degli esempi? Ho preso l’aereo per raggiungere Fatima, ho toccato la terra di Bernadette per circa trenta volte viaggiando in treno, l’autobus mi ha condotto a San Giovanni Rotondo, Pompei e per ben tre volte, nella "terra dei sassi", Medjugorje. Non da ultimo, vivo è il ricordo delle 2 crociere in Terra Santa e Malta… ed ancora quante altre mete!
Permettetemi di fare un’ultima riflessione, solitamente il sentimento che prevale di fronte ad un portatore di handicap è quello di pietà, compassione e, nei migliori dei casi, commozione per quello che si ritiene essere un destino avverso che colpisce chi è più sfortunato. Bene, questo accade perché fermandoci all’apparenza, dimentichiamo che "essenziale è invisibile agli occhi"! Dal disabile c’è tanto da apprendere, egli può mettersi al "servizio" del prossimo, come ogni uomo, in base ai propri talenti e alle proprie possibilità, attraverso una testimonianza concreta, condivisa e credibile.
Dal 2000 ho cercato, nel limite del possibile, di fare del volontariato all’interno dell’Unitalsi; sia in Lucania che in Emilia Romagna sono stata invitata a prendere parte del consiglio di sottosezione e di quello regionale, inizialmente ritenevo che per fare del bene non fosse necessario ricoprire delle cariche, poi con il tempo, mi sono resa conto del valore che può avere la mia condizione di disabile anche all’interno di realtà in cui si prendono delle decisioni. Ho iniziato quest’esperienza che ancora continua ma non mi sentivo completamente soddisfatta così, lo scorso novembre, ho deciso di andare a far visita agli anziani della casa di riposo del Quadrifoglio a Carpi. Le prime volte, sia gli ospiti che gli operatori socio assistenziali, mi guardavano con curiosità e, soprattutto gli operatori, erano perplessi su quanto di concreto avessi potuto fare, viste le mie condizioni. Con il tempo hanno imparato a riconoscere che il mio sorriso e la mio "stare" per ascoltare l’altro potevano avere più valore di un bicchiere d’acqua. E’ stato bellissimo l’incontro con gli ospiti, con alcuni di loro, per esempio con Giulia, è nata un’amicizia molto forte, è stato come rincontrarci dopo tanto tempo. Sono sempre molto contenti di vedermi e non aspettano altro che sia presente negli incontri che sono diventati settimanali. Nelle quattro ore in cui stiamo insieme giochiamo a tombola, organizziamo delle festicciole e partecipiamo alla santa messa. E’ un tempo di grazia soprattutto per me, nel donarmi sperimento la gioia del loro sorriso e l’emozione di una loro semplice carezza. Loro si sentono amati, io mi sento amata.
Ognuno di noi può donare un po’ di sé, avendo solo il coraggio di uscire da se stesso, da proprio microcosmo e dal proprio egoismo. Ogni giorno mi impegno a non perdere questo coraggio e questa fede che mi rendono più forte perché capace di affrontare le difficoltà, senza evitarle. Ogni giorno nel guardare alle necessità del fratello, che magari nel corpo è anche più sano di me, riscopro la felicità nei piccoli gesti e nelle piccole cose, in ciò che conta veramente.
Mirandola, 01 aprile 2012
Marietta Di Sario